In data 21 aprile 2021, la Commissione Europea ha presentato una nuova proposta di direttiva in materia di rendicontazione non finanziaria che prevede di includere più soggetti nell’obbligatorietà di rendicontazione di sostenibilità: proposta nuova direttiva anche verso le PMI.

Chiamata anche Dnf, la rendicontazione non finanziaria o di sostenibilità non è un rendiconto sui risultati finanziari raggiunti (bilancio d’esercizio) ma è un’attestazione sul tipo d’impatto che un’associazione, un’impresa, un ente pubblico o un’organizzazione può avere sull’ambiente, sull’aspetto sociale o sul territorio.

Con cadenza annuale, i portatori d’interesse (stakeholder), devono comprovare la pertinenza mantenuta rispetto alla responsabilità d’impresa CSR (Corporate Social responsability) riferita ai soggetti tenuti a presentare la rendicontazione, i quali, a loro volta, tra i diversi vantaggi, possono ottenere sgravi fiscali, accedere a finanziamenti volti a migliorare determinati servizi attinenti alle formule legislative previste per il rispetto ambientale.

Al momento esiste un ente GRI (Global Reporting Initiative) che fornisce supporto alla stesura del report di rendiconto in merito a tutte le informazioni richieste riguardanti l’approccio alla comunità, all’ambiente, al rispetto dei diritti umani, alla lotta alla corruzione ecc.

La nuova direttiva dovrebbe entrare in vigore dal 1° gennaio 2023 e per le PMI dal 1° gennaio 2026. Ha come scopo quello di portare la rendicontazione di sostenibilità al medesimo livello di quella finanziaria come grado d’ importanza. Vediamo nello specifico di cosa si tratta e quali varianti si esplicitano rispetto alla direttiva 2014/95/UE.

  • Si richiede che vengano introdotte prerogative di rendicontazione più minuziose al fine di agevolare tutti gli stakeholders nella stesura dei rendiconti a fronte dei fattori ambientali, sociali e di governance. L’obiettivo è quello di semplificare la condivisione dei dati di analisi all’interno dell’Unione Europea con conseguente monitoraggio anche in termini di comparazione a livello internazionale.
  • Si richiede che le informazioni fornite siano appurate da società terze di revisione affinché siano sottoposte allo stesso rigore di controllo di quelle finanziarie.
  • Si obbliga a includere la rendicontazione non finanziaria all’interno di uno stesso documento insieme al bilancio d’esercizio e alla relazione di gestione.
  • Tutta la documentazione dovrà essere sempre disponibile anche in formato digitale per far fluire i dati in maniera veloce e costante (Digital Tagging).

Infine si richiede di estendere tali obblighi a:

  • Tutte le grandi imprese che abbiano più di 250 dipendenti, ricavi quantificati in 40 milioni di euro e stato patrimoniale quantificato in 20 milioni di euro.
  • Tutte le banche e assicurazioni di grandi dimensioni quotate e non quotate.
  • Tutte le società quotate nei mercati regolamentati includendo le PMI (ad eccezione delle microimprese quotate con fatturato o attivo patrimoniale inferiore ai 2 milioni di euro e meno di 10 dipendenti le quali non avranno l’obbligo ma saranno comunque invitate a fornire dati).

Con la nuova Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) si raggiungerebbero circa 49.000 società europee contro le 11.700 attualmente coinvolte.

Si parla di nuove regole intese come strategiche, al fine di strutturare un modello comune per le imprese europee secondo una linea di guida attuale e futura indispensabile non solo per far crescere il sistema economico ma anche per agevolare le quotazioni intese come valore d’impresa legato allo sviluppo sostenibile.   

È dato certo che i requisiti di sostenibilità, un domani, veicoleranno costantemente il mercato e saranno fattori indispensabili per le imprese e per gli investitori. Grazie al reporting di sostenibilità infatti, gli stessi disporranno di un importante strumento di politica industriale ed economica per attingere informazioni utili a fare le proprie considerazioni su dove orientare e come consolidare i propri investimenti.

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