Desertec Foundation è il nome di un’organizzazione volontaria no-profit costituita nel 2009 per promuovere la produzione diretta di energia pulita nel deserto. Il fondatore del progetto è il Dr. Gerhard Knies, uno dei massimi esperti nel campo della fisica delle particelle, il quale, nel processo di studio delle fonti energetiche alternative all’energia nucleare, ha calcolato quanta energia ottengono i deserti presenti sul pianeta in un lasso temporale brevissimo. Le conclusioni del calcolo sono scioccanti: il totale dell’energia che i deserti del pianeta ricevono in sole 6 ore è superiore a quella consumata nel mondo nell’arco di un anno. Solar farm nel deserto: la potenza senza precedenti per coprire l’intero fabbisogno mondiale.

Alla luce di questi risultati è nato il progetto Desertec, il cui principio è quello di concentrare la produzione di energia pulita direttamente nel luogo più performante del pianeta, il deserto.

Il Sahara

Il deserto del Sahara è considerato il pretendente più adatto per morfologia geografica e vastità (9.200.000 chilometri quadrati), in grado di soddisfare più di 7.000 volte la domanda europea; le prime realizzazioni della Fondazione Desertec sono state conseguite in Marocco, Tunisia e Algeria.

L’altra faccia della medaglia

Purtroppo questi ambiziosi progetti, durante la fase di espansione, hanno poi subito un fermo per ragioni oggettive che ne hanno ostacolato il decollo definitivo. Sebbene a prima vista rappresentino la soluzione per eccellenza al totale fabbisogno energetico, ci sono perplessità di varia natura riguardo agli accorgimenti finalizzati alla neutralità climatica. Vediamo perché.

Temperature elevate, necessità di manutenzione continua, tecnologie costose sulla distribuzione di energia prodotta.

Le temperature molto elevate del deserto e la scarsità di precipitazioni (ben al di sotto dei 100 mm all’anno), aumentano la richiesta di acqua degli impianti necessaria per raffreddare le turbine e pulire i pannelli. Con l’ausilio di tecnologie come pannelli idroelettrici (che producono acqua) o sistemi di lavaggio e raffrescamento a secco come il dry cooling, l’investimento risulterebbe troppo costoso e meno funzionale. Un altro problema è legato alla distribuzione correlata al margine di perdite di linea nonché ai costi di cablaggio per la distribuzione a lunga distanza.

Fattori politici

Ci sono dubbi evidenti riguardo a una probabile subordinazione energetica dai paesi del Nord Africa: sarebbero indispensabili accordi siglati con Marocco e Algeria per una collaborazione fluida e politicamente paritaria: ad oggi affrontare il tema pacificamente risulterebbe arduo considerando le divergenze in atto da tempo oltre alle questioni di rivendicazione territoriale del Sahara Occidentale.

Fattori economici e sociali

Il rischio di attentati terroristici è molto sentito.  Intere centrali solari in grado di alimentare l’intera Europa e Africa diventerebbero obiettivi importanti per le organizzazioni terroristiche attive sul territorio. Si aggiunga la guerra dell’acqua. Con la percentuale destinata alla pulizia e al raffreddamento degli impianti, le popolazioni sarebbero severamente penalizzate sugli approvvigionamenti.

Alto impatto ambientale

Studi recenti hanno dimostrato che il cambiamento climatico potrebbe subire ulteriori contraccolpi. Poiché i pannelli solari assorbono il 15-20% della luce solare e riflettono il restante nell’atmosfera, estese di parchi solari nel deserto causerebbero un notevole aumento di temperatura sulle aree circostanti. L’assenza di fenomeni atmosferici periodici non aiuterebbe a dissipare il calore prodotto come avviene normalmente.

Aumento della temperatura globale. L’effetto albedo

I deserti hanno le stesse funzioni dei ghiacciai e delle regioni polari. Grazie all’ampia capacità di riflettere le radiazioni solari dovuta al colore chiaro della sabbia, contribuiscono a scongiurare il riscaldamento globale: più una superficie riflette e meno calore assorbe. (effetto albedo). Cosa accadrebbe se i pannelli ricoprissero il 20% della superficie del Sahara? Si avrebbe un aumento delle temperature locali di 1.5° e di 2.5° se la copertura fosse del 50% dell’area, portando a un incremento sulla temperatura globale di 0,16° e 0,39°. Il flusso di calore africano ha un impatto significativo sul clima oceanico, asiatico ed europeo. L’esito sarebbe una quantità di precipitazioni e fenomeni sempre più estremi alternati a intensi periodi di siccità.

Nonostante questa intuizione geniale e visionaria abbia colto quali grandi opportunità potrebbero offrire i deserti del pianeta, in primis potrebbero esserci dei fattori di rischio dominanti che non vanno sottovalutati per probabili effetti negativi sul clima tali da condizionare gli eventi atmosferici anche di aree notevolmente distanti tra loro.

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